Si stava meglio quando si stava peggio?

A pranzo si parla di longevità. Un commensale: “Hai visto Piero Angela che è ancora in tv? Si invecchia meglio oggi.”

Mio zio racconta di un signore, dice che io di sicuro l’ho visto da bambino anche se non lo ricordo.

Viveva in una capanna fatta di fango e paglia, con un tetto di assi di legno ricoperti da lamiera, vicino a dove vivevano i miei nonni. Aveva con sè la moglie e quattro figli. La prima figlia nata nel 1919 e l’ultima nel 1948. Tutti stipati là dentro.

Al mattino si metteva in cerca di qualcosa da fare in campagna per rimediare il pranzo.

Quando d’inverno era freddo diceva che trovava la brina sulle coperte.

Una vita al limite, una sopravvivevere continuo.

Nonostante le difficoltà si è mantenuto lucido fino alla fine ed è morto un mese prima di compiere cento anni nella sua baracca di paglia e fango.

 

L’ho fatto davvero

Sono stato in autostrada oggi. C’era pure un tratto con dei lavori in corso e restringimento di carreggiata.

Quando ci sono passato stamattina la fila di auto che si crea nel punto in cui la strada si dimezza era inesistente. Al rientro, mentre ero dalla parte senza ostacoli, ho visto oltre cinque chilometri di coda.

Pensavo questa cosa. E mentre la pensavo percorrevo una strada statale. Sarà stato il pensiero sull’autostrada, il morbido curvone verso sinistra, Sì, deve essere stato quello.

Mi sono spostato sulla corsia sinistra, proprio come se fossi ancora in autostrada, è stato un attimo: ma che cazzo sto facendo?

Sono ritornato sulla mia corsia di destra mentre di fronte un’auto lampeggiava furiosamente.

E’ un fatto che conosco solo io (e quello che mi veniva di fronte)

Me te magno

In settimana ci sono stati due compleanni in ufficio. Tradotto in calorie vuol dire un sacco di focaccia barese. Di lunedì e giovedì.

Venerdì mattina una delle donne di pulizie ha portato un vassoio di cornetti vari. Tanti. E dopo un paio d’ore un fornitore ha avuto la stessa idea. Tradotto in calorie tre cornetti e una ciambella fritta ripiena di crema.

Non ce la faccio più. Non riesco a dire di no.

Ho bisogno di stare lontano dalle occasioni di mangiare.

Mi licenzio.

Qualcuno da odiare

Il popolo ha bisogno di qualcuno da odiare.

Il genere umano deve focalizzare il proprio sconforto, il malumore verso un obiettivo preciso.

Gli ebrei, le streghe, gli omosessuali, gli immigrati. Ogni tempo ha i suoi bersagli.

Dipende dal capo popolo, è lui che indirizza l’ira volta per volta. Di solito per nascondere la sua pochezza e la mania di grandezza, ego spropositato e assenza di idee.

Prendi El Capiton, per esempio, sobilla le masse contro i suoi nemici, di solito immaginari. Le masse rispondono plaudendo e, in tempi di social e leoni da tastiera, riversando odio.

Il fascino dell’istigatore non tramonterà. E’ insito nella nostra natura.

 

 

I penultimi

Ero sul piazzale quando sono rientrate le ragazze dai campi.

Una con le spalle rosse, bruciate dal sole. Dolorante. Le ho chiesto se avesse messo della crema protettiva, mi ha risposto di no.

Il lavoro nei campi è duro. Esposti alle intemperie: freddo d’inverno e fuoco d’estate. Chini. Tutto il tempo.

Persone che hanno un lavoro ma non sanno cosa è una vacanza. Non conoscono centri commerciali e non si sono mai allontanati troppo dal proprio paesello.

Sopravvivenza.

Involuzioni

Da sempre sono interessato allo studio dei periodi bui della storia umana: dalla peste nera alle guerre più devastanti.

Ieri sera ho beccato su Rai Storia l’ultima puntata del documentario sulla Guerra dei Trent’anni.

Quando hanno parlato delle torture subite dalle donne accusate di stregoneria ho dovuto cambiare canale. Non sopportavo la vista di donne sofferenti e il commento su cosa accadeva.

Peggioro. Mi fa troppo male vedere il sangue e sapere di persone che soffrono.

Mi sono molto emozionato alla vista di un bambino, unico sopravvissuto di nove fratelli morti in giovane età, affidato ad un convento mentre il padre faceva il mercenario.

Molto interessanti le ricostruzioni fatte in base ai diari ritrovati e ai documenti ufficiali dell’epoca.

Invecchio.

Quello che so della burocrazia

Abbiamo chiesto ed ottenuto un contributo per l’assunzione di un dipendente con i Fondi Europei a favore delle regioni meridionali.

Presentata tutta la rendicontazione tramite sito internet alla Regione di appartenenza.

Dopo due mesi mi chiamano per dirmi che c’è uno scostamento di due centesimi tra i dati inseriti nella procedura e fondi spettanti.

Ci sono volute due telefonate per complessivi quarantacinque minuti di chiacchiere per ripianare la differenza di due centesimi di euro.

E vissero tutti felici e contenti.

Finalmente una storia a lieto fine.

Testa o croce

La democrazia diretta, su alcune materie, mi pare pericolosa.

Pericolosa quando si chiama il popolo sovrano a decidere di temi che non sono di facile comprensione e non semplificabili in un sì o no.

Non è praticabile la semplificazione della complessità riducendo tutto all’essere favorevoli o contrari ad un quesito.

Questo Parlamento ha votato a favore della riduzione del numero dei componenti. Alla Camera in maniera plebiscitaria, al Senato qualcuno si opposto, più per timore di essere tra gli esclusi che per altro.

Per l’ostinazione di alcuni di loro siamo chiamati al referendum. Manca un mese, il 20 e 21 settembre prossimo.

Non so con quale cognizione di causa voteremo noi tutti, con quale consapevolezza sul cosa implica il taglio del numero di sedie in Parlamento.

Era più economico fare a testa o croce.

I mille

Abbiamo di fronte a persone che ancora oggi affermano: “il Covid non esiste”.

Il risultato è che oggi in Italia il numero di nuovi infetti ha superato i mille. In salita costante da un po’ di settimane.

Le regole per contenere i contagi le conosciamo tutti. Il fatto che l’età media sia scesa a trenta anni la dice lunga su come vanno le cose.

E’ una lotta ardua contro irresponsabilità e imbecillità.

 

Volare oh oh

Le settimane fuggono via alla velocità della luce. I giorni durano un attimo, un soffio. Seguendo sempre lo stesso copione.

Non mi sforzo neppure di fare qualcosa di diverso per distinguere le giornate. Non ce la faccio.

Non me ne importa.

Sono già spalmato sul divano a riflettere sulla monotonia.

E’ confortevole, soporifera, anestetizzante.

Buona notte!